Il disturbo da dismorfismo corporeo, più comunemente conosciuto come dismorfofobia, è un disturbo che causa coloro che ne sono afflitti a spendere una quantità di tempo eccessiva pensando ai propri difetti: mentre la maggior parte di noi, infatti, pur avendo qualcosa che non ci piace nel proprio aspetto, riesce ad andare avanti con la propria vita quotidiana, le persone che soffrono di disturbo da dismorfismo corporeo (BDD) si fissano su quella imperfezione e non sono poi in grado di controllare i loro pensieri negativi.
Rispondere alla domanda che cosa porta allo sviluppo di tale disturbo è molto difficile in quanto, nonostante colpisca circa dall’1,7% al 2,4% della popolazione, gli studi effettuati a riguardo sono ancora relativamente pochi. Un fattore che però sicuramente contribuisce, oltre all’educazione, sono i social e i media, e su questi vorrei soffermarmi.
Al giorno d’oggi, lo scopo primario di ogni social media è diventato quello di promuovere se stessi o la propria attività: per questo motivo, se prima gli utenti si sentivano liberi di postare immagini sciocche e imbarazzanti senza preoccuparsi che gli altri le esaminassero o le giudicassero, ora la pubblicazione è diventata un processo scoraggiante di filtri, hashtag e didascalie. Questo porta poi di conseguenza ad un graduale discostamento dal mondo reale, ed essere all’altezza dell’immagine perfetta di sé che viene proiettata in linea, nel lungo termine, può risultare assai complesso (soprattutto dal punto di vista psicologico/emotivo), e può perciò portare a conseguenze estreme come il suicidio.
Rimanendo sempre in tema social, un recente studio ha dimostrato lo stretto legame tra il tempo di utilizzo complessivo su Instagram e l’auto-oggettivazione, cioè il percepirsi in funzione unicamente del proprio aspetto fisico. Sono i ragazzi in età dalle scuole medie alle superiori i più propensi a combattere con questi tipi di problemi legati all’immagine e all’autostima in quanto, oltre ad essere l’età in cui diventano pienamente consapevoli degli ideali di bellezza e di ciò che è accettato e rifiutato nella cultura sociale, è anche l’età in cui le nuove generazioni passano più tempo sui social.
Anche i media in generale, purtroppo, non aiutano: basti pensare alle riviste di moda e bellezza, note per il photoshopping di modelli, la mancanza di diversità e la mancata inclusione di tutti i tipi di corporatura sulle copertine. Com’è possibile insegnare ai giovani a non essere influenzati dai media con riviste e cartelloni pubblicitari del genere ovunque?
Anche cercare di aiutare una persona (soprattutto una persona a noi cara) che già soffre di un simile disturbo può essere non solo complicato ma anche alquanto frustrante; per questo motivo, volevamo condividere con voi alcune strategie che, pur non risolvendo il problema, vi permetteranno di aiutare e comunicare meglio con chi soffre di dismorfofobia. Innanzitutto, per aiutare una persona è fondamentale cercare di comprenderla, accettare le sue emozioni e, soprattutto, non giudicare. Come seconda cosa, è importante offrire uno spazio per parlare e non “prenderla sul personale” se la persona in questione tende a ritirarsi completamente dai contatti sociali, in quanto questo tipo di comportamento è una delle tante conseguenze del disturbo. Ultimo consiglio, anch’esso fondamentale, è di celebrare anche i traguardi più piccoli e di cercare di aumentare la loro autostima, complimentandosi con loro per aspetti che, più che il fisico (argomento molto delicato che spesso e volentieri sfocia poi in discussioni), riguardano la personalità.
Doveste aver bisogno di qualche informazione in più, vi consigliamo caldamente di consultare il seguente link: https://francescominellipsicologo.it/dismorfofobia/